Locazioni commerciali e non: chi e perché può essere giustificato al mancato versamento del canone

Risulta ormai consolidato tra la giurisprudenza di merito il principio secondo il quale deve ritenersi illegittimo lo sfratto del conduttore in assenza, quantomeno, di una riduzione del canone di locazione, allorquando per effetto delle misure di contenimento e della chiusura forzata delle attività commerciali, o comunque per fatti che non possono essere imputati al conduttore, quest’ultimo si è trovato nell’impossibilità di versare il canone pattuito.

Certamente i rapporti contrattuali risentono degli effetti della crisi economica derivata dal blocco della attività economiche del 2020 e 2021, che ancorché avvenute a singhiozzo hanno determinato un calo di introiti in diversi settori.

Ne deriva, che anche per i proprietari degli immobili concessi in locazione si pone il problema di capire se giuridicamente la richiesta del canone sia legittima o meno alla luce della situazione di contingenza e del conseguente danno subito dal conduttore.

A tal fine, il dato di partenza è quello secondo cui non tutti i rapporti contrattuali rientrano nel perimetro della legislazione emergenziale, poiché nei confronti di alcuni le predette norme sembrano escludere ogni ragione giustificativa dell’inadempimento del conduttore, salvo ulteriori e diverse cause rispetto a quelle dettate per motivi relativi all’emergenza Covid.

Ne consegue una necessaria distinzione con il rapporto di locazione commerciale che è stato direttamente investito dal lock down, le locazioni commerciali che ancorché investite indirettamente dal lockdown continuano a esercitare l’attività, e le locazioni abitative.

Sulle prime certamente può affermarsi che la chiusura totale è esclusiva conseguenza dell’emanazione dei DPCM, sicché, in assenza di ulteriori concause e cause autonome, già le norme emergenziali dispongono la chiusura quale seria causa giustificativa dell’inadempimento con diritto del conduttore a ottenere, quantomeno, una riduzione del canone.

Sul punto, l’art. 91, comma 1, D.L. 18/2020 dispone che: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”.

Dal tenore della disposizione, ancorché la stessa sia stata soggetta a forti critiche in termini di chiarezza, la sua interpretazione deve necessariamente fare riferimento a tutte quei rapporti il cui inadempimento di un soggetto è derivato dal rispetto delle misure di contenimento, sicché, nell’ambito dei rapporti locativi commerciali, la chiusura forzata dell’attività, non solo determina il venire meno della causa contrattuale, ma anche concretizza l’impossibilità sopravvenuta temporanea della prestazione per causa non imputabile al conduttore.

Attenzione, perché ciò non è applicabile per le altre ipotesi di cui sopra giacché l’attività commerciale che non è stata soggetta a chiusura forzata non compromette il rapporto tra le parti, atteso che la causa del contratto resta comunque efficace e pienamente realizzata. Anche per le locazioni a uso abitativo va applicato il medesimo principio.

Pertanto, posto che la giustificazione all’inadempimento del conduttore derivata da pandemia possa applicarsi solo ai rapporti commerciali oggetto di chiusura forzata, la norma emergenziale di cui sopra altro non fa che amplificare quanto già disposto dal 1218 c.c., a tenore del quale “il debitore che non esegue la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

Chiaro è che l’interprete dovrà verificare con attenzione le ragioni dei debitori in difficoltà economica, con l’effetto di poter giungere a escludere la morosità nel pagamento dei canoni relativamente al periodo di lockdown.

Alla luce di tali considerazioni, innanzi a una fattispecie di tal genere le parti è auspicabile che riescano a giungere a soluzioni stragiudiziali.

Una, è il recesso del conduttore ex art. 7 comma 8 della l. n. 392 del 1978. Tuttavia, tale ipotesi altro non produce per il conduttore il dislocamento dell’attività in altro luogo con conseguenti difficoltà logistiche, financo la chiusura dell’impresa. In ogni caso si determina la fine del rapporto contrattuale, senza tenere conto che il conduttore sarà comunque costretto a far pervenire il canonico preavviso dei sei mesi.

Meglio, in verità, è un contratto transattivo tra le parti che soddisfi entrambi, attesa la legittimità del mancato versamento del canone da parte del conduttore.

Soluzione quest’ultima che pare auspicabile anche per le locazioni abitative e le commerciali non sottoposte a chiusura, le quali restano fuori dal gruppo di fattispecie coinvolte dai criteri giustificativi dell’inadempimento delle norme emergenziali e delle più generali evidenziate dal codice civile.

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