“anche recentemente, questa stessa Sezione ha avuto modo di affermare che, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore faccia venir meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, configurabile come un fatto assolutamente eccezionale e del tutto al di fuori della normale prevedibilità, quale non può considerarsi la condotta che si discosti fisiologicamente dal virtuale ideale (cfr. Sez.4, n.7188 del 10/01/2018 Ud. – dep.14/02/2018- Rv.272222 Sez.4, n.22249 del 14/03/2014 Ud.-dep.29/05/2014- Rv.259227).”
Tenuto conto degli ultimi sei mesi del 2020, forse mai come prima è ancora più importante il tema della sicurezza sul lavoro che già di per sé lo è senza che alcun particolare evento ne enfatizzi la questione.
Ogni tema a ciò inerente è ancora più interessante se analizzato sotto il profilo della possibilità di previsione dell’evento lesivo e della prevenzione, adempimento che deve essere svolto da parte del datore di lavoro senza possibilità alcuna di delega e che si concretizza nella redazione del documento di valutazione di rischi.
Quest’ultimo comprende un esame circa il se e fino a che punto un rischio o una circostanza sono prevedibili e, pertanto, quali mezzi sono idonei ad evitare l’insorgere di rischi sul presupposto dello studio degli immediati strumenti di repressione delle eventuali conseguenze lesive.
A tutto ciò deve premettersi che “i cardini sui quali il datore di lavoro deve fondare l’analisi e la previsione dei rischi sono, dunque, in primo luogo, la ‘propria esperienza’, in secondo luogo l’evoluzione della scienza tecnica ed infine ‘la casistica’ verificabile nell’ambito della lavorazione considerata.” (Cassazione Pen. n.13483/2020)
In detta pronunica la Suprema Corte continua evidenziando che “la previsione e prevenzione del rischio deve ‘coprire’ qualsiasi fattore di pericolo evidenziato nell’evoluzione della ‘scienza tecnica’ e non solo dall’esperienza che l’imprenditore sviluppi su una certa attività o su uno specifico macchinario, che egli abbia potuto direttamente osservare.”
Pertanto, tenuto conto di tali principi affinché il datore di lavoro possa considerarsi esente da ogni responsabilità è necessaria:
– non solo la previsione del pericolo e che la sua realizzazione non si sia presentata nello svolgimento dell’attività lavorativa,
– ma occorre, altresì, che la scienza tecnica non abbia potuto osservare l’evento, sicché, lo stesso è imprevedibile per il datore.
Ne deriva che è opportuno distinguere tra un evento raro e ignoto la cui differenze costituiscono la base per evidenziare o meno la sussistenza di una qualche responsabilità del datore di lavoro per danni cagionati ai lavoratori durante l’attività lavorativa: “…l’evento ‘raro’, in quanto ‘non ignoto’, è sempre prevedibile e come tale deve essere previsto, in quanto rischio specifico e concretamente valutabile. L’evento raro, infatti, non è l’evento impossibile. Anzi è un evento che, per definizione, prima o poi si verifica.”
Pertanto, nella verifica della responsabilità del datore di lavoro, oltre alle singole condotte del lavoratore che possono influire sul realizzarsi dell’evento lesivo, deve tenersi conto, unitamente al nesso causale anche la conoscibilità, prevedibilità ex ante e prevenibilità del rischio, sicché, non può certamente ravvisarsi la responsabilità in seguito al mero malfunzionamento del macchinario e/o cattiva manutenzione imputabile al datore di lavoro.
Difatti, più complicato è accertare la responsabilità datoriale allorquando la carenza di manutenzione costituisce una tra le possibili cause del difetto ma non la sua causa esclusiva, poiché, ci si trova in presenza di altre cause autonome di danno.
Ciò posto, la Corte di Cassazione Penale con sentenza n. 9216/2020 ha evidenziato che anche in presenza di una cattiva manutenzione, affinché si possa rappresentare la responsabilità del datore è necessario accertare “se le eventuali carenze nella manutenzione del macchinario fossero conosciute o conoscibili da parte del G.R., nella sua qualità datoriale.”
Ciò perché, il datore di lavoro ha “…designato un responsabile per la manutenzione delle macchine (nella persona dell’A., chiamato a deporre come teste a discarico) e che fosse disponibile una scheda manutenzione indicante che tale operazione veniva eseguita con frequenza settimanale; non risulta, viceversa, che l’inconveniente al dispositivo di sicurezza alla base dell’infortunio si fosse mai precedentemente verificato.”
Si evince, secondo la Cassazione, che la frequenza degli interventi manutentivi, appositamente provati durante il giudizio di merito e non più contestabili innanzi la Cassazione, escludono ogni responsabilità del datore poiché da tali interventi ne è derivata la concreta imprevedibilità “…ex ante, da parte dell’odierno ricorrente, del verificarsi di un infortunio del tipo di quello occorso alla persona offesa, nonché alla possibilità di disporre un apposito intervento per prevenire ed evitare simili eventi, in presenza di compiti di manutenzione che risultavano comunque affidati a soggetto fiduciario appositamente individuato (l’A.) ed assolti con la dovuta frequenza…”.
Nel quadro appena delineato è chiaro che anche la condotta colposa del lavoratore può incidere sulla sussistenza della responsabilità del datore in quanto, ove fosse abnorme, il fatto del lavoratore può essere idoneo ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore e l’evento lesivo. Tuttavia, affinché possa escludersi ogni responsabilità datoriale è necessario che il fatto del lavoratore sia tale da attivare un rischio unico e singolare, esorbitante ogni controllo che è possibile porre in essere dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Confr. Cass. 8164/2020).