“In ipotesi di deliberazione di esclusione del diritto di opzione quando << l’interesse della società lo esige >>, il socio ha diritto di ottenere e l’amministratore ha l’obbligo di fornire ogni informazione oggettivamente necessaria per un voto cosciente. L’assenza (della prova) di un interesse sociale nella deliberazione di esclusione del diritto di opzione determina l’insanabile nullità della deliberazione assembleare per violazione di norme imperative e inderogabili” (Trib. Milano 31.01.2005).

Il diritto di opzione costituisce un importante tratto distintivo delle società per azioni, il socio vecchio azionista è preferito rispetto ai terzi nella sottoscrizione dell’aumento reale di capitale.
Per il tramite dell’opzione il legislatore ha concesso la possibilità ai terzi di subentrare nella compagine sociale acquistando, ad esempio in caso di aumento di capitale, le azioni (ma anche le obbligazioni convertibili in azioni) di nuova emissione.
Gli scopi del diritto si rinvengono principalmente nella tutela dei vecchi soci, giacché si vuole evitare che la loro partecipazione possa subire forme di sottodimensionamento per effetto dell’acquisto dei titoli azionari per intero da parte di un terzo.
Pertanto, al fine di evitare ogni alterazione della propria quota, al vecchio socio è concesso il diritto di sottoscrivere le azioni di nuova emissione in proporzione al numero della azioni da lui già possedute.
Nondimeno, codesto diritto deve essere bilanciato con i limiti ricompresi sempre in seno alla art. 2441 c.c., il quale prevede la possibilità di limitare l’esercizio dell’opzione financo la sua esclusione in determinate ipotesi.
In tali casi ne deriva che non è, quindi, possibile per il vecchio socio procedere all’investimento di ulteriori capitali nella società cui fa parte.
E’ chiaro che le esclusioni al diritto di opzione, principalmente, presuppongono alla base una deliberazione dei soci a ciò finalizzata.
Una prima fattispecie è realizzabile quando i soci escludono l’opzione perché hanno previsto di offrire in sottoscrizione le azioni di nuova emissione ai dipendenti della società, o di società che la controllano o che sono dalla essa controllate.
Altra ipotesi può essere determinata dalla deliberazione in seno alla quale è stato stabilito che a seguito dell’aumento di capitale le azioni di nuova emissione verranno liberate solamente mediante conferimenti in natura.
Infine, può parlarsi di esclusione ai sensi del comma 5 art. 2441 c.c. il qualche prevede che “Quando l’interesse della società lo esige, il diritto di opzione può essere escluso o limitato con la deliberazione di aumento di capitale.“
Su tale ultima fattispecie, particolare è quella parte della norma che specificatamente richiama a fondamento della esclusione le esigenze della società.
Da ciò, non esistendovi ulteriori indicazioni e non avendo mai tipizzato il legislatore il concetto di “esigenza”, quest’ultima, grazie all’aiuto della giurisprudenza, deve necessariamente ricondursi alla discrezionalità sociale, tenuto conto che detta discrezionalità non può estendersi a qualsiasi ipotesi di esigenza che comunque essere riconoscibile ed effettiva.
“L’esclusione del diritto di opzione quando l’interesse della società lo esige postula un’adeguata allegazione e dimostrazione dell’interesse sociale prevalente e dunque impone un requisito motivazionale – informativo non solo formale o tautologico, ma dotato di sufficiente concretezza onde compete al Giudice, non solo prendere atto che è stato addotto un interesse sociale, ma valutarne la sussistenza e la reale consistenza, per modo che si riscontri non già un qualunque interesse sociale, bensì un interesse sociale qualificato, pur nell’ambito di sovrana discrezionalità e di insindacabile scelte preferenziale fra i molteplici interessi sociali sottesi ad operazioni economico-finanziarie. In definitiva, tramite la motivazione, l’interesse sociale deve dimostrarsi effettivo e riconoscibile” (Trib. Milano del 7.02.2006).
Ben si comprende, che in caso di contestazione da parte del socio del diniego a sottoscrivere le azioni di nuova emissione, la società dovrà fornire la prova di tutti quei fatti giustificativi del diniego e i cui motivi devono riferirsi ad un interesse qualificato, pena la nullità della delibera di autorizzazione.
Pertanto, non possono essere presi a giustificazione della limitazione all’opzione, quelle mere esigenze che, probabilmente, potrebbero ragionevolmente produrre danni alla società in virtù dell’esercizio dell’opzione.
Con tale sistema si è così proceduto ad una riduzione della portata incisiva del termine “lo esige”, considerato che in caso contrario verrebbe meno ogni possibilità da parte dei terzi di subentrare nella compagine sociale e ciò perché i soci porrebbero a base della delibera sempre l’esclusione, cosi di fatto avvicinando le società di capitali a quelle di persone.
Infine, atteso che l’esclusione dell’opzione può derivare solo in virtù di una preventiva deliberazione assembleare, il socio chiamato al voto ha il diritto di esprimersi consapevolmente, sicché, innanzi ad una richiesta di informazioni non può essergli opposto alcun diniego da parte dell’amministratore.