“La società di fatto Holding esiste come impresa commerciale per il solo fatto di essere stata costituita tra i soci per l’effettivo esercizio dell’attività di direzione e coordinamento di altre società ed è, pertanto, autonomamente fallibile, a prescindere dalla sua esteriorizzazione mediante la spendita del nome, ove sia insolvente per i debiti assunti, ivi comprese le obbligazioni risarcitorie derivanti dall’abuso sanzionato dall’art. 2497 C.C.. nonché dal danno cosi arrecato all’integrità patrimoniale delle società eterodirette e, di riflesso, ai loro creditori (Cass. n. 15346/2016)

La sopra richiamata pronuncia della Corte di Cassazione ha sancito importanti principi in materia societaria e fallimentare sul piano della responsabilità degli enti e delle società che esercitano le attività di Direzione e Coordinamento prevedendo la possibilità del loro fallimento per debiti inerenti il risarcimento dovuto da responsabilità ex art. 2497 C.C.
Com’è noto tale norma dispone che “Le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società. Non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette.
La natura codesto tipo di responsabilità è quella di prevedere per le società, gli enti e ai creditori sociali una tutela diretta del patrimonio o delle partecipazioni sociali riferibili alle società eterodirette mediante il risarcimento per il danno a loro arrecato dalle holding poste a capo di gruppi societari.
Difatti, com’è noto, in tali ipotesi la società capogruppo esercita, vuoi perché tale potere gli deriva dagli assetti di governance delle società affiliate, vuoi per espresse previsioni contrattuali, attività di coordinamento e direzione tale che un’eventuale mala gestione può essere fonte di danno ai soci delle società controllate.
A tal fine, secondo il dispositivo della norma gli elementi che rileverebbero sono tre:
1) la violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale;
2) il pregiudizio arrecato alla partecipazione sociale e al patrimonio della società gestita;
3) l’imputabilità della responsabilità esclusivamente all’ente o società che esercita attività di direzione e controllo;
Da ciò si evince che la sussistenza di tale responsabilità pare essere circoscritta esclusivamente alle ipotesi nelle quali la società o l’ente che agisce nell’interesse proprio o altrui viola i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale per il “(…) mancato rispetto dei canoni generali di correttezza e buona fede imprenditoriali, tale da configurare un abuso nell’esercizio del potere di direttiva e distruzione, preordinato volutamente a soddisfare interessi propri della capogruppo o di altri soggetti… (…) (Trib. Palermo del 15.06.2011).
Pertanto, indefettibile presupposto è rappresentato dalla circostanza secondo la quale la società o il creditore sociale che intende agire per il risarcimento del danno nei confronti della holding dovrà necessariamente provare la violazione dei principi di corretta gestione societaria che hanno arrecato una diminuzione del valore della propria partecipazione sociale riferibile a quella società controllata dalla capogruppo holding, oltre che l’esistenza del danno stesso.
In particolare, l’art. 2497 C.C. nell’identificare i soggetti responsabili della mala gestione societaria si riferisce solo all‘ente o alla società (holding) in materia societaria con la conseguenza che sembra non tenere in considerazione la possibilità che possa rispondere del danno anche una persona fisica che etero dirige da sola o unitamente alla capogruppo.
Tuttavia, posto che la giurisprudenza sta dimostrando delle aperture in ordine alla configurabilità della c.d. holding di fatto e personale (confr. Cass. 12113/2002 e Cass. 15346/2016), un’importante sentenza della Suprema Corte ha sancito definitivamente l’estensione di codesta responsabilità in quelle ipotesi ove unitamente alla società holding ha agito una persona fisica la quale ha preso parte al fatto lesivo di cui all’art. 2497 C.C..
Ancorché tale estensione appare già sancita al c. 3 dell’art. 2497 C.c. allorquando dispone che “Risponde in solido chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio”, le richiamate pronunce hanno comunque svolto un notevole passo in avanti nell’ambito dell’estensione della responsabilità da attività di direzione e coordinamento.
Difatti, la norma in esame pare riferirsi solo alle ipotesi di mala gestione della persona fisica che ha agito accanto all’ente o società con l’effetto di escludere la configurabilità della responsabilità ex art. 2497 C.C. in capo alle holding personali formate solo ed esclusivamente dalla persona fisica.
Tuttavia sul punto, la giurisprudenza stante la riconoscibilità delle holding di fatto e personali grazie ai principi presi in prestito in riferimento alle società di fatto, ha iniziato a riconoscere codesta responsabilità anche in capo alle sole persone fisiche che eterodirigevano altri soggetti societari (in merito e a titolo esemplificativo guarda Cass. n. 26765/2016).
E’ opportuno sottolineare che nonostante la tutela offerta alle società partecipate e controllate, il legislatore ha voluto tutelare anche le società direttrici nelle ipotesi in cui si verificano per le società controllate i cosidetti “vantaggi compensativi” capaci di neutralizzare i danni che la mala gestione della holding ha arrecato.
In particolare si esclude la responsabilità della holding quando la società eterodiretta ha risarcito in luogo della holding i creditori o i soci della stessa, ovvero, in ipotesi più ricorrente, l’esclusione della responsabilità deriva alla luce della complessiva attività di direzione e controllo che esclude ogni lesione del patrimonio o danno alla partecipazione sociale di ciascun socio anche per effetto dei vantaggi compensativi.
Quest’ultimi vanno intensi come quei “(…) benefici che una società è in grado di fruire in conseguenza della sua appartenenza ad un più ampio gruppo di imprese e che, in quanto tali, possono quindi neutralizzare il pregiudizio ad essa arrecato da un’operazione a vantaggio del gruppo (…) (Cass. n. 16707/2004).
Posto che ogni amministratore di società deve agire nell’interesse della società medesima con la conseguenza che azioni che possono portar vantaggio a società capogruppo non hanno alcun valore nei confronti del socio di minoranza della controllata, la valutazione della responsabilità della società holding deve comunque tenere conto della visione globale economica di insieme dei gruppi societari.
Ciò considerato, l’atto gestorio che apparentemente determini un danno alla società controllata o alla capogruppo, specie nell’ambito dei gruppi societari, ai fini della configurabilità delle responsabilità deve necessariamente superare il vaglio dei vantaggi compensativi inteso come riflesso positivo ai soci dell’attività dell’intero gruppo che dovrà presupporre l’inesistenza di pregiudizi alla controllata e alle partecipazioni sociali dei suoi soci.