“Nell’ipotesi di avveretamento dell’esistenza di una società di fatto insolvente, della quale uno o più soci illimitatamente responsabili siano costituiti da società a responsabilità limitata, il fallimento in estensione di queste ultime costituisce una conseguenza ex lege prevista dal 1° comma dell’art. 147 l.f. senza necessità dell’accertamento della loro specifica insolvenza” (Cass. n. 12120/2016)

Nell’esecuzione dei rapporti commerciali possono sorgere problematiche in ordine alla qualità dei soggetti con i quali si instaurano trattative e si concludono contratti da cui nascono rapporti giuridici obbligatori.
Il problema si amplifica, allorquando, la società contraente X, in virtù dello stato di insolvenza, è soggetta alla dichiarazione di fallimento e alle sue spalle si scopre esistere una compagine di ulteriori soci occulti giacché nascosti ai terzi; oppure quando, la società di fatto, viene dichiarata fallita e si scopre anche in questa ipotesi la sussistenza di un socio occulto, quale ad esempio una s.r.l.
Per meglio chiarire queste fattispecie, ormai più volte riscontrata nella pratica, è bene chiarire a grandi linee la nozione di imprenditore, società di fatto e socio occulto.
In particolare, secondo l’art. 2082 C.C. l’imprenditore è colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.
Tale accezione non presenta riferimenti allo scopo di lucro che secondo la giurisprudenza della Cassazione rappresenta l’elemento soggettivo dell’imprenditore, a differenza dell’attività economica che in senso oggettivo è “…ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi…” (Cass. n. 16612/2008).
Il concetto di imprenditore è distinto con quello di società, quest’ultimo da inquadrare sotto il profilo contrattuale atteso che l’ente societario si forma per effetto del contratto ex art. 2247 C.C. avente ad oggetto il conferimento, da parte di due o più persone, di beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili.
Tuttavia, nella pratica può accadere che tale attività venga esercitata da una società o dal singolo in maniera occulta perché in contrasto con le disposizioni legislative per l’esercizio delle attività commerciali, e ciò anche in termini di pubblicità sull’esistenza della società.
In astratto può accadere che un soggetto contragga affari con:
– la società BETA, quest’ultima costituita tramite un semplice accordo verbale e, pertanto, irregolare, nelle cui compagine sono stati anche occultati determinati soci;
– socio occulto della società ALFA regolare, ovvero con l’imprenditore individuale Tizio;
Andando oltre le azioni giudiziarie che è possibile intraprendere avverso i soci occulti, è necessario che nei loro confronti si riscontrino determinate qualità sintomatiche elaborate dalla giurisprudenza sul carattere occulto:“la partecipazione di tutti i soci all’esercizio della attività societaria in vista di un risultato unitario, (…) e che i conferimenti siano diretti a costituire un patrimonio comune” (Cass. n. 366/1998).
Premesso ciò, ne deriva il problema del fallimento di questi soggetti: società o socio occulto e della eventuale estensione nei loro confronti.
Il punto di partenza è fornito dall’art. 147 l.f. comma 1, 4 e 5 ove è stato sancito che la sentenza dichiarativa del fallimento di una società di tipo s.n.c., s.a.p.a. e s.a.s. produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili.
La disposizione è di rilevante importanza nell’ambito del diritto societario in quanto chiarisce che qualora dovesse essere dichiarato il fallimento di uno di detti soggetti (s.n.c., s.a.p.a. e s.a.s.), la procedura concorsuale si estende anche ai soci illimitatamente responsabili.
Inoltre, con l’inciso “pur se non persone fisiche”, il legislatore ha ammesso anche la fallibilità per esteso di persone giuridiche soci della società fallita e, pertanto, illimitatamente responsabili. Ne deriva che qualora la s.p.a. Delta avesse posseduto delle quote della società fallita dovrebbe derivarne per estensione anche il suo fallimento.
Altrettanto rilevanti sono i commi 4 e 5 riguardo al fallimento dei soci occulti e per i quali, infatti, se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi, considerando, inoltre, che allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile.
Ciò prospetta due ipotesi diverse:
– la prima caratterizzata dall’estensione del fallimento al socio occulto scoperto successivamente all’insolvenza della società Beta;
– la seconda quando viene dichiarato il fallimento dell’imprenditore individuale che si scopre essere socio di una società occulta estendendo ad essa il fallimento;
L’ultima ipotesi è quella riferibile alla pronuncia in epigrafe della Suprema Corte: il caso di una società di fatto composta da ulteriori soci occulti.
“Nell’ipotesi di avveretamento dell’esistenza di una società di fatto insolvente, della quale uno o più soci illimitatamente responsabili siano costituiti da società a responsabilità limitata, il fallimento in estensione di queste ultime costituisce una conseguenza ex lege prevista dal 1° comma dell’art. 147 l.f., senza necessità dell’accertamento della loro specifica insolvenza” (Cass. n. 12120/2016).
La pronuncia della Suprema Corte è chiarissima: sancisce il principio secondo il quale con il fallimento della società di una società di fatto ne consegue quello della società a responsabilità limitata, ovvero per azioni, socia occulta.